Musica

Dargen D'Amico, da 'Amo Milano' a 'D'Io': l'intervista

Dargen D'Amico, da 'Amo Milano' a 'D'Io': l'intervista

Dargen D'Amico racconta a Teatro.it il nuovo album di inediti, "D'Io", uscito da qualche giorno per Universal. Il rapper parla anche della sua Milano (città alla quale ha dedicato una canzone) e del festival di Sanremo.

Nel mondo del rap, Dargen d’Amico è sicuramente tra gli esponenti più poliedrici. L’ennesima riprova la si ha con “D’io”, un nuovo album di inediti (disponibile su Amazon in versione limitata e contenente tutta la sua discografia) in cui la parola d’ordine è introspezione. “L’idea di uscire con questa edizione limitata è nata dal fatto che mi sono trovato a ripercorrere mentalmente la mia carriera, dagli inizi ad oggi. Ho riconosciuto qualcosa che è perennemente oscillante tra il personale e l’universale. Non potevo trovare titolo più adatto”.

Pensandoci con attenzione, tuttavia, D’io ha un altro significato nascosto, ovvero l’assenza di featuring: “Sono una persona tendenzialmente semplice, lavoro su codici binari e su stimoli. Quando scrivo un disco sono naturalmente portato a fare qualcosa che si allontani parecchio da ciò che ho fatto prima. Cerco di non scegliere mai pezzi, né artisti troppo simili. Inoltre, con un disco votato più all’interiorità, viene automaticamente preclusa del tutto l’esperienza della condivisione. E poi, diciamolo. avevo un budget inferiore”.

Tra i pezzi dal titolo più altisonante, all’interno della tracklist, “La Mia Generazione” che, involontariamente, richiama “La mia generazione ha perso" di Gaber”. La generazione di oggi, vista da Dargen D’Amico, sta vincendo qualcosa? “Ho il massimo rispetto per Gaber ma ritengo che il concetto di vincere o perdere sia abbastanza finto, ritengo sia essenzialmente un modo per indirizzare consensi, antipatie e disagio. Non c’è nulla da vincere o perdere. Quando ho scritto questo pezzo, non volevo essere una voce della mia generazione, mi sono limitato solo a mettermi a nudo. E’ difficile parlare e scrivere delle sensazioni comuni, ho voluto più che altro fare una panoramica”.

Come intuibile da "Amo Milano", il primo singolo estratto da "D’io", il capoluogo lombardo rappresenta una continua fonte di ispirazione “L’idea del brano è nata dal chiacchericcio intorno a questa città. Le sue caratteristiche sono contemporaneamente meriti e demeriti. Durante la scrittura del disco ho avuto una controprova schiacciante. L’ultimo brano era "Modigliani" perché avevo bisogno dell’idea della sua dimensione. Sai, tutti i nostri sensi sono ladri durante la fase di ispirazione. Mi sono preso un mese e sono andato in Islanda per cercare l’atmosfera giusta. Morale? Non ho fatto nulla. Sono tornato a Milano, più precisamente in zona Bovisa, e ho scritto la canzone di getto...Però devo dire una cosa: Pisapia mi sta sulle balle perché non ha riaperto i corsi d'acqua, come invece aveva promesso”.

A proposito di "Modigliani", è una canzone nella quale si intuisce il tema della solita rivalutazione post mortem, che colpisce anche gli artisti musicali. “Faccio un esempio banale - prosegue Dargen D'Amico - Ero solito concludere i miei djset con il brano di Mango “Bella d'estate”, e veniva vissuto come un momento revival trash, nonostante il mio intento fosse diverso. Ultimamente ho riproposto un pezzo di Mango e Dalla insieme e, con mio stupore, è stato vissuto come momento religioso. A volte la morte è utile ma gli artisti, morendo, non riescono a sfruttarla”.

Ultima curiosità, perché niente Sanremo? “Questo era davvero il primo anno in cui ci ho pensato seriamente, ma ci sono stati problemi logistici. Ovviamente, la canzone che volevo presentare è all’interno dell’album ma non vi dico qual è!”.